giovedì 26 settembre 2013

Quando in Italia sentite sventolare una parola astratta, allarmatevi. Chi grida “Legalità!”, invece di limitarsi a rispettare a legge, ha in mente qualcosa di illegale, o almeno intende giustificarlo. Così, chi in queste ore si straccia le vesti per la “italianità” di Telecom, non ce la conta giusta.
Voce.info ha spiegato che “il problema non è tanto la frequenza delle scalate di aziende italiane da parte di investitori stranieri, quanto l’assenza di scalate di investitori italiani all’estero”. Ecco il punto. Anche aziende tedesche, inglesi e americane vengono acquistate: ma Germania, Gran Bretagna e USA fanno altrettanto nel mondo. Il processo italiano è a senso unico: vendiamo e non compriamo. Non siamo un mercato, stiamo diventando un supermarket.

Allo stesso modo, esportiamo giovani talenti e non ne importiamo. E questo – se è consentito – è più grave. Esportiamo giovani medici in Germania e Inghilterra; biologi, fisici e matematici negli Usa e in Scandinavia; talenti artistici in Francia, Spagna, Europa Orientale; chef, geologi e agricoltori in Australia; ingegneri e architetti ovunque. Ragazzi che trovano altrove la serenità, la prevedibilità e i redditi che meritano. Telecom Italia, in teoria, si ricompra. Ilaria, Tommaso, Antonio, Lucia, Iris e Alessandro rischiano di non tornare più.

Se importassimo altrettanti stranieri, potremmo dire: non è un fuga, è uno scambio. Ma non succede. Di 20 milioni di laureati nei paesi Ocse solo lo 0,7% ha scelto l’Italia: meno di quanti hanno scelto la Turchia. In Italia ogni 100 laureati nazionali ce ne sono 2,3 stranieri. Negli Usa sono 11, in Austria 12, in Svezia 14, in Olanda e Gran Bretagna 16, in Nuova Zelanda 21, in Canada 25, in Irlanda 26, in Australia 44. I laureati italiani trasferiti nei 30 paesi Ocse sono 395.229. Quelli che hanno fatto il percorso inverso 57.515. Vado avanti, o basta così?

Importiamo pochi talenti per mancanza di strategia in materia d’immigrazione; per complicazioni burocratiche (arrivare con il compagno/la compagna può diventare complicatissimo); perché non li vogliamo e/o possiamo pagare. In Nordeuropa, spiegava la neo-senatrice Elena Cattaneo a “Otto e Mezzo”, il responsabile d’un centro di ricerca non guadagna tremila euro, ma dodici/quindicimila. Tutto ciò fa rabbia: perché l’Italia è un posto dove tanti stranieri vorrebbero vivere per qualche tempo.

Riassumendo: non attiriamo i talenti altrui, e facciamo scappare i nostri. In tanti modi: eccone uno. Nel novembre 2012 è partito il meccanismo delle abilitazioni nazionali per l’idoneità a professore universitario associato e ordinario. Poi sono arrivate le proroghe: dal 30 aprile 2013 al 30 giugno, poi al 30 settembre e ora è attesa la proroga al 30 novembre. Mi scrive uno di loro, Alessio Ricagni: si vocifera che neanche quella scadenza verrà rispettata e si renderà necessario un ulteriore rinvio al 2014.


dal “Corriere della Sera”, 26.9.2013)




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