lunedì 12 dicembre 2011

islanda

E' in corso da due anni una rivoluzione in Europa, ma nessuno ne parla: breve resoconto della rivolta anticrisi islandese.
Alla fine di 2008, gli effetti della crisi nell'economia islandese sono devastanti. A ottobre Landsbanki, la banca principale del paese, è nazionalizzata.
Alla Landsbanki seguiranno le altre due banche principali, la Kaupthing e il Glitnir. I loro clienti principali sono in quei paesi e in Olanda, clienti ai quali i loro rispettivi stati devono rimborsare i depositi bancari, all'incirca 3.700 milioni di euro di soldi pubblici.
L'insieme dei debiti per le attività bancarie dell'Islanda è equivalente a varie volte il suo PIL.
Il paese è alla bancarotta.
Il governo chiede ufficialmente aiuto al Fondo monetario internazionale che approva un prestito di 2.100 milioni dollari, accompagnato da altri 2.500 milioni da parte di alcuni paesi nordici.
Il 23 gennaio 2009 si convocano le elezioni anticipate e tre giorni dopo, i cacerolad@s sono di nuovo in piazza in migliaia e impongono le dimissioni del primo ministro, il conservatore Haarden e di tutto il suo governo in blocco.
È il primo governo vittima della crisi finanziaria mondiale.
Il 25 aprile ci sono le elezioni generali vinte da una coalizione socialdemocratica e dal movimento della sinistra-verde guidate dalla nuova prima ministra Jóhanna Sigurðardóttir.
Nel 2009 la situazione economica resta devastata con il crollo del PIL del 7%..
Sulla base di una legge ampiamente discussa nel Parlamento, viene stabilito il pagamento dei debiti in Gran Bretagna e in Olanda attraverso 3.500 milioni di euro che tutte le famiglie islandesi avrebbero dovuto pagare attraverso una tassazione del 5,5% per i prossimi 15 anni.
Gli islandesi tornano a manifestare nelle strade per rivendicare un referendum popolare per la promulgazione della legge.
Nel gennaio 2010 il presidente, Ólafur Ragnar Grímsson, rifiuta di ratificare la legge e indice la consultazione popolare: in marzo il referendum con il 93% di NO al pagamento del debito.
La rivoluzione islandese vince. Il fondo monetario internazionale congela l'aiuto economico all'Islanda nella speranza di imporre in questo modo il pagamento dei debiti.
A questo punto il governo apre un'inchiesta per individuare e perseguire penalmente i responsabili della crisi.
Arrivano i primi mandati di cattura e gli arresti per banchieri e top-manager.
L'Interpool spicca un ordine internazionale di arresto contro l'ex presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson.
Nel pieno della crisi, a novembre, si elegge un'assemblea costituente per preparare una nuova costituzione che, sulla base della lezione della crisi, sostituisce quella in vigore. Si decreta il potere popolare.
Vengono eletti 25 cittadini, senza alcun collegamento politico, tra le 522 candidature popolari, per le quali era necessario soltanto la maggiore età e il supporto sottoscritto di 30 cittadini.

L'assemblea costituzionale avvierà i suoi lavori nel febbraio del 2011 e presenterà a breve un progetto costituzionale sulla base delle raccomandazioni deliberate dalle diverse assemblee che si stanno svolgendo in tutto il paese. Tale progetto costituzionale dovrà poi essere approvato dall'attuale parlamento e da quello che sarà eletto alle prossime elezioni legislative.

Questa in breve la storia della rivoluzione islandese: dimissioni in blocco del governo, nazionalizzazione delle banche, referendum e consultazione popolare, arresto e persecuzione dei responsabili della crisi, riscritura della costituzione, esaltazione della libertà di informazione e di espressione.

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